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Springlynn e la penitenza


- di quando Springlynn conobbe la misericordia

Finestre decorate, mosaici trasparenti, multicolori. La facciata s’innalzava dal sagrato, si perdeva in alto, nel buio color fumo. La strada davanti la chiesa era illuminata da un unico lampione. Da oltre il limitare della luce un rumore risuonò nella notte: ti ti tac, ti ti tac, metallo sul selciato, ti ti tac, ti ti tac; si avvicinava.
Apparve una testa di latta dai ricci di trucioli verderame, un vestitino di metallo rosso, braccine e piedini di giunti e bulloni. La robottina trotterellò fin davanti alla chiesa, girò i fanali che aveva per occhi a guardare la facciata. Poi guardò verso la strada, da una parte e dell’altra, incrociò le braccia. Da una parte, dall’altra. I fanali lampeggiarono.
Il portone dietro si scostò, piano. Nessun rumore nonostante la mole. La bambina metallica non se ne accorse, guardò ancora di qua e di là. Dal pertugio scivolò fuori un profilo ammantato di oscurità. Saio nero stretto su corpo ossuto, braccia dietro la schiena, colletto infilato in un cerchio metallico stretto attorno al collo lungo, testa allungata dai lobi prominenti. Occhi neri affilati a scrutare davanti il portone: nessuno. Guardò di qua, guardò di là.
“Springlynn!”
Guardò giù, accanto ai piedi: faccia di latta che lo osservava. Sobbalzò, tirò ancor più le rughe attorno a occhi e bocca: “Santissimo!” Poi tornò rigido, le mani scheletriche conserte. Occhi severi, bocca curvata in giù: “Eccoti.”
“È il mio nome, Springlynn.”
“Lo so.”
“E come lo sai?”
“Io so molte cose. Sono un uomo di chiesa, uno potente.”
“Oh! Come ti chiami?”
“Non è importante.”
“Perché no?”
“Perché, ecco; non è importante, e basta. Dimmi tu invece: cosa ci fai qui, tutta sola di notte?”
Springlynn guardò lungo la strada: “Aspetto per vedere se viene un amico. Spesso lo vedo quando passo di qui, dopo merenda.”
L’uomo alzò un angolo di bocca: “Piccola, i bravi bambini a quest’ora sono al sicuro nelle loro case.”
“Oh. Io invece sono ancora in giro.” Una pausa, poi gli occhi a fanale andarono al volto incombente: “Vuoi dire che sono cattiva?”
Il prelato divenne severo: “A star fuori di notte si commette peccato, si rischiano brutti incontri.”
“Ma io non ho paura.” Gli occhi fanale brillarono un istante di una scintilla blu: “Non sono cattiva.”
L’anziano incombeva sulla piccola, di nuovo il ghigno: “Se sei buona, devi espiare la tua colpa. Confessa a me, e fai penitenza. Io posso rimettere il tuo peccato a Dio.”
“Davvero? Com’è la penitenza?”
“Prendilo come un giocattolo. Basta che ti ci trastulli un po’.”
“Un giocattolo? Dov’è?”
“Sai, il mio giocattolo ha avuto un incidente, hanno dovuto metterlo d’acciaio. Adesso posso giocarci solo con bambine come te.” L’uomo alzò di colpo il saio fino sopra la cintola.
Springlynn se lo trovò davanti: “Ehi!”
“Espia, mio angioletto d’acciaio!”
Gli occhi fanale si caricarono di archi voltaici: “Espia tu questo!” L’elettricità schizzo verso il bacino dell’uomo, ci fu un lampo e il prelato venne sbalzato indietro, “Ah!” Finì a terra, a sedere.
“No!” gridò, mentre portava le mani tra le gambe: “Scotta!” Si toccò il pube, sotto il saio spuntava una massa deforme e plastica: “Brucia!”
Saltò in piedi, a gambe aperte, e gridò: “Aiuto!”
Springlynn lo guardava a braccia conserte, sintetizzò un prrr: “Ben ti sta.”
Quello cominciò a dondolare da un piede all'altro, tenendoli larghi: “Diavoletto rosso!” Rimbalzò dentro il portone e sparì.