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Springlynn all prima uscita


- della prima gita fuori casa del robot bambina

Collina ai margini della città. Un castello nero, mura sbrecciate e torri deformi. Sbuffava fumi pestilenziali prodotti dalle macchine nelle viscere, dagli esperimenti del suo ancor unico inquilino, Beastion.
Dal portone, una strada sterrata scendeva fino alla cittadina per bene di strade per bene tra case per bene. Nessun cittadino per bene osava percorrerla.
Quella mattina l’aveva scesa l’inventore massiccio dalla testa pelata e i mustacchi. Spingeva una carrozzina di tubi d’acciaio imbullonati, coperta da un lenzuolo di lino sporco di fuliggine.
Villetta, giardino contornato da siepe. Dal cancelletto di ferro borchiato uscì una signora dalla gonna di pizzo bianco seguita da un signore vestito in marrone. L’uomo chiuse a chiave, clang clang clang, poi porse il braccio alla signora e si sorrisero. Con la coda dell’occhio scorse l’omone sulla strada. Aggrottò la fronte. La signora lo notò: “Matheuss? Tutto bene?” poi ne seguì lo sguardo: “Ma, chi è quello?”
“Non so, ha una carrozzina…”
“È l’inventore pazzo!” fu il gridolino della signora.
Matheuss le strinse la mano del braccetto: “Su, Jertude! Non farti sentire.”
“Ma è proprio lui. Che facciamo?”
“Stiamo calmi, forse non ci ha visti.”
In risposta Beastion sollevò un braccio, salutò e si mosse verso di loro.
“Oh no, viene qui! Vorrà farci del male?”
“Non saprei,” e prese di tasca la chiave: “ma è meglio non scoprirlo.” L’infilò nella toppa ma la mano tremava, l’oggetto si impuntò e cadde per terra, tiriting.
Beastion era a trenta metri. Matheuss si chinò guardandolo preoccupato.
Jertrude lo fulminò: “Attento! Sei il solito inetto, sbrigati!”
“Springlynn.” Dall’inventore venne una voce dal tono troppo acuto.
La donna fece un sorriso tirato: “Come dice? Non sento!”
Beastion era a dieci metri. Ancora la voce, ma le labbra sotto i baffoni non si mossero: “Springlynn!”
Matheuss lanciò un’occhiata e un sorriso inquieto poi infilò la chiave, clang clang clang, il cancello si aprì.
Questa volta la voce uscì cavernosa dall’inventore: “Dove andate!”
L’uomo sussultò e si girò verso Beastion ormai a cinque metri. Poggiò il gomito allo stipite del cancello, una gamba accavallata all’altra e sorrise: “Da nessuna parte.”
Jertrude lo guardò sbalordita, poi tornò alla carrozzina da cui provenne di nuovo la voce acuta: “Spriglynn! È in mio nome.”
La donna accennò un sorriso: “Oh, una bimba. Bel nome, sì.”
Tornò il silenzio. Beastion borbottò: “È la mia bambina. Vuole che la porti a spasso.”
Matheuss annuiva meccanico a ogni frase. Rispose ancora Jertrude: “Oh. Quindi lei, ha una figlia? E quanto ha?”
“Bah, sì, sì, una figlia.”
Parlò la voce sotto la coperta: “Il mio papi mi ha costruita da pochi giorni. Così gli faccio compagnia. Io gli voglio bene al mio papi.”
Lo sguardo di Jertrude divenne più lieve: “Oh, beh, è tenero, il tuo papà.” L’inventore chinò la testa, la mano sul coppino, sotto lo sguardo della donna che aggiunse: “Ma no, non si deve vergognare. Anzi, sapesse quanti uomini non hanno un minimo spirito materno.” e si girò verso il marito, lanciandogli un’occhiata.
Quello annuì anche a lei, poi si rese conto: “Come? Perché? No, ma adesso dobbiamo andare.”
La donna gli diede di gomito: “Ma che andare. Invece, guarda un po’ questo signore, che tutti dipingono male ma che dimostra più affetto di tanti.”
Beastion guardava i suoi piedi incrociati, a terra. Da sotto la coperta venne un accenno: “Dipingono male…”
Jertrude allungò una mano all’angolo del lenzuolo: “Vedrai che cambierà, piccolina. Sono sicura che con una creaturina di cui occuparsi, tu padre comincerà a vedere il mondo con occhi nuovi, con uno spirito meno negativo e malevolo.” Gli occhi brillavano di amore materno: “Oh piccola, fatti vedere.”
La coperta volò giù dalla culla, scostata da un braccio di robottina la cui spalla era avvitata al fondo della culla. Accanto era imbullonata la testa di latta, capelli di trucioli verderame e fanali per occhi. Lampeggiarono di energia voltaica blu: “Cosa vuol dire negativo e malevolo?” la voce sintetica ora strideva a tutto volume: “Mio papà non è malevolo e negativo, il mio papi è il più buono del mondo!”
A quegli strilli Jertrude saltò indietro contro Matheuss: “Ah! Un mostro!” Quello si riebbe dalla catatonia e la strinse: “Via!” Agitandosi scomposto afferrò uno stipite del cancello e riuscì a spingere dentro entrambi. Sclang! Il cancello sbattè chiuso, i passi dei due fino alla porta di casa.
Nella culla la testa di Springlynn lampeggiava archi voltaici tra gli occhi: “Fermi, tornate qui!”
“Via via!” diceva Jertrude mentre Matheuss apriva e i due si chiudevano dentro, sbam!
Springlynn guardò Beastion: “Visto? Lo dicevo che così smontata non andava bene. Gli ho fatto paura.”
“Tutta non ci stavi.”
“Hanno detto che sei malevolo, sono triste.”
“Bah. Sono solo degli ottusi bifolchi.”
“È vero.”
“Meritano solo terrore.”
“Giusto!”
“Dai, carica lo sguardo.”
Tra gli occhi di Springlynn tornarono a brillare archi azzurro plasma: “Ieee!”
“Pronta? Via!” Dalla testa avvitata nella culla partì un lampo che colpì il cancello, il metallo divenne arancio e colò in parte su sé stesso.
“Ieee! Uno!”
Beastion spinse la carrozzina di corsa lungo la strada. Man mano che incrociano case e villette fulmini blu incendiavano alberi, facevano esplodere vetri, spaccavano muri.
Sul volto di Beastion era dipinta felicità.